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“Turist” –FORCE MAJEURE- è una bella sorpresa. Descritto nelle sinossi ufficiali come nipotino di Ingmar Bergman e Woody Allen stimola più di altri a scovare citazioni nascoste, proprio per la sua natura di film stilisticamente non comune.

In seguito ad una slavina, percepita in maniera opposta dai due protagonisti, marito e moglie, la tensione tra i membri della famiglia comincia a crescere inesorabilmente. Il climax è raccontato per lo più con inquadrature fisse, talvolta interminabili, che hanno l’effetto di una molla emotiva, e ricorda l’Haneke di “Funny Games” e l’Ulrich Seidl di “Canicola”. In entrambi i casi, alcuni effetti ironici avevano la funzione di sgonfiare il patos, cosa che in qui avviene con alcuni scambi dialettici dalla comicità fin troppo spinta. L’umorismo tipicamente nordico, rarefatto e saturo di non-sense ricorda le “Nuvole in viaggio” di Kaurismaki e certamente il cinema di Roy Andersson (pensiamo alla statico fermento di “You the living”). E nemmeno Kubrick resta fuori dall’elenco. Alcune inquadrature dell’hotel e dei suoi incubanti corridoi strizzano l’occhiolino all’Overlook e alla follia che generava nei suoi frequentatori. E lo stesso “Shining” viene evocato con la suddivisione in capitoli quotidiani accompagnati dall’”Inverno” di Vivaldi.

Ma a suon di citazioni non si possono non citare due grandi registi che hanno sicuramente ispirato il bel film di Ruben Östlund. Roman Polanski con il suo “Cul de Sac”, e in parte anche “Il coltello nell’acqua”, aveva già esplorato la lenta discesa agli inferi di un nucleo familiare sottoposto a isolamento; e sempre con il medesimo sguardo, di volta in volta grottesco, glaciale (o canicolare che dir si voglia) e sempre impietoso. Luis Bunuel infine si fa vivo nella passeggiata di chiusura, descritta da un superbo carrello all’indietro. Un surreale epilogo che richiama quel “Fascino discreto” di chi cerca disperatamente una direzione ma non sempre la trova. Degna conclusione di un film che prima di tutto ci racconta le difficoltà di tenere solida una famiglia, difficile da comporre fin dalle foto ricordo con cui il film inizia, e degli sforzi per salvaguardarla -come sempre- in nome di Santa Apparenza.