“Tangerine” è una straordinaria dimostrazione di come il cinema possa evolversi senza perdere la sua natura: intrattenere, far riflettere, commuovere e sorprendere. Se a tutto così aggiunge il fatto che il film sia stato girato con un iPhone, e che alcune tematiche transgender siano trattate con equilibrio più unico che raro, il film assume davvero uno spessore non comune.
La fotografia conferisce un valore aggiunto all’operazione solo apparentemente documentaristica, con una ricercatezza sull’inquadratura stilisticamente apparentabile alla Street photography ; ne risulta uno spaccato insolitamente realistico, e mai morboso, di una Los Angeles natalizia inedita, rappresentata attraverso bordelli, locali notturni e incroci, e attraversata da trans, padri di famiglia, prostitute e, soprattutto persone, tutte, monadi sfaccettate e credibili.
Perché il titolo “Tangerine”? Forse per il colore cui dà il nome, quella meravigliosa via di mezzo, in questo film ben più di una metafora, che il sole della California dona all’imbrunire in una delle sue sequenze più riuscite. E a questo punto, speriamo di rivederla in sala.