Uno dei pregi di “Lao Shi”, una sorta di ansiogeno psico-thriller, è di inscenare nella Cina di oggi una storia riproducibile in molti altri luoghi. Un taxista, dopo aver correttamente soccorso l’uomo che investe accidentalmente con la sua auto, si trova costretto ad anticipare le cure mediche di tasca sua. Non sarà che l’inizio di una discesa agli inferi tra burocrazia, perdita dei valori e disgregazione personale. Un “cinese piccolo piccolo” insomma, che incarna la difficoltà di ognuno di noi, in circostanze analoghe, di farsi carico delle proprie responsabilità ben sapendo delle complicazioni che ci aspettano. “Un film morale, non ideologico” sottolinea il regista in sala , ma che non perde un valore documentaristico dovuto alle ambientazioni reali e -soprattutto- agli assordanti rumori di auto, radio e TV che lo permeano. Frutto, continua Johnny Ma, di una consapevole scelta stilistica finalizzata a connotare realisticamente il film ma anche, aggiungerei, a creare un clima disturbante e caotico tipico delle megalopoli, e a evocare in seconda lettura, la frenesia culturale “multitasking” cui siamo quotidianamente sottoposti.