La zona grigia non è soltanto la cenere prodotta dai forni crematori in un campo di sterminio, ma quello spazio metaforico fra il bene e il male, fra vittime e carnefici che si confondono e spesso si scambiano di ruolo.
Il riscatto che un gruppo di prigionieri addetti allo “smaltimento” di cadaveri cerca senza ammetterlo apertamente, si manifesa nella figura surreale di una bambina che si salva dai gas e che viene messa in salvo per sottolineare la distinzione tra delitto e complicità. Tutto è inutile ovviamente, ma se salvare una vita vale la redenzione, ecco come un simbolo pùò davvero essere sostanzialmente salvifico di fronte al Male Assoluto.
Uno dei migliori film sull’Olocausto, asciutto, essenziale e mai spettacolare. Proprio come gli spari dei guardiani del campo, secchi e senza tempo che risuonano nel campo. Attori credibili e una regia lucida e senza fronzoli ma che non lesina apprezzabili personalismi.