I cappi di un’algida Lady Vendetta si stringono fino a strozzare i carnefici della figlioletta. Il plot, non nuovo per il cinema orientale, vedi Park Chan-Wook, e topico della letteratura di ogni tempo, si evolve qui con stile e audacia narrativa di livello assoluto. A partire dalla triplice fotografia funzionale al racconto di volta in volta fredda, satura o polarizzata, utilizzata per raccontare, ricordare e commentare la complessa vicenda.
Il montaggio spiazza e confonde, per risolversi in un finale definitivo e catartico al tempo stesso, e anche in questo caso si connota di stili altrettanto legati al rispettivo livello narrativo: del presente, con ralenty ipnotici e fin troppo ‘discorsivi’, accelerazioni da videoclip nei frequenti flashback chiarificatori e in inquadrature fisse o talvolta iperrealiste (anche riprese all’indietro) utilizzate per descrivere attimi rivelatori e sfumature fondamentali alla comprensione della storia.
La storia, dicevamo, è la vera protagonista del film di Nakashima, un intenso giallo psicanalitico che affonda le sue radici nel Giappone “sociale” contemporaneo fatto di legami familiari assenti o a dir poco problematici, come tutta la storia del cinema del Sol Levante ci ha abituato a raccontare (da Ozu ai contemporanei Sion Siono e Takashi Miike).
L’altro grande tema è quello della scuola e delle sue problematiche fatte di mondi paralleli di adulti e adolescenti che non hanno più basi comunicative comuni e che producono mostri pronti forse al carrierismo cannibalistico proprio del Giappone contemporaneo ma che lasciano per strada morti e feriti sia tra gli allievi che tra gli insegnanti.
Un altro punto di forza di un film che fa della ricercatezza dell’immagine come puro piacere visivo la sua peculiarità, sono le molteplici inquadrature simboliche, anch’esse, utili a comprendere la dinamica dei personaggi, all’interno di codici il più delle volte rivelatori a livello inconscio e subliminale. Riprese geometriche (spesso dall’alto), solo in apparenza precostruite ed estetizzanti, rappresentano di volta in volta ordine e disordine, isolamento e confusione, nascondimento e rivelazione proprio come perfette tavole di un manga tetro e malinconico, sublime e melo. Insomma, un’opera complessa, avvolgente, a tratti estatica nella più classica delle tradizioni nipponiche dell’ultimo decennio.