La maldad – Evilness
La prima parte di “evilness” ipnotizza per potenza visiva ed espressiva evocando gli apocalittici roghi descritti da Herzog nel deserto iracheno. Un lunghissimo carrello, quasi impercettibile inquadra un falò nella notte mentre alcuni contadini bruciano le fascine accatastate. Poi sequenze documentaristiche ci fanno entrare nella storia, lentamente. Protagonista un vecchio, pelle arsa da 80 anni di lavoro in una terra arida e secca. Le pannocchie bruciacchiate che mangia con movimenti atavici ricordano le sue rughe come le spaccature del terreno e le lamiere arrugginite che coprono a malapena il tetto della sua baracca.
Poi la storia si dipana, tra attesa della morte imminente, descrizione di sogni infranti e cinismo senile che solo un film sudamericano può rappresentare senza eccessi.
Tra Escalante di “Sangre” e Rodrigo Plà di “Desierto adientro” con un pizzico di Francisco Lombardi e il suo inarrivabile “Cajdos del ciel”, “Evilness” non solo racconta la vita di un uomo, ma si addentra progressivamente nel cuore dello stesso Messico. Un film sulla vecchiaia dunque, ma anche sulla doppia anima del Paese, quella più contadina ed arretrata (?) in contrasto con la più moderna e caotica; tra riferimenti politici precisi e una critica sociale discreta ma immanente, il risultato è un affresco equilibrato, vivido e familiare dove i protagonisti sono gli stessi nonni del regista ma sembrano attori affermati, nella migliore tradizione del realismo sudamericano.