Gent.le sig. Gonzalo Gerardo Higuaín
Grazie.
Grazie per aver segnato al mio Toro un gol al 92° come da migliore tradizione nei derby della mia vita, richiamandomi alla memoria le “zone Cesarini” di Serena, Zaccarelli, Cravero. E le rimonte dei 3 a 3, dei 3 a 2 –sempre sia lodato- e di tante altre ancora che sono state e ancora saranno.
Grazie per non averci fatto vincere immeritatamente un derby in 10 e per non doverci sentir dire che “il pareggio sarebbe stato il risultato più giusto”.
Grazie, soprattutto, per averci ricordato chi siamo e nel bene e (ancor più) nel male amiamo essere, continuando a lacerarci romanticamente, avvolgendoci nelle nostre incomprensibili e struggenti sofferenze. Forse negli ultimi tempi ci eravamo un po’ imborghesiti nella nostra mediocrità (di classifica intendo), considerando il derby una partita “in fondo come tutte le altre”, da vivere con spirito proprio dei giochi olimpici antichi, intesi come momento alto di sospensione da ogni guerra in atto.
Ma il vero grazie è per averci fatto spazzare via in un secondo quel mandala di zucchero e miele, quella coltre di ipocrisia riformista e intellettuale che ci ha fatto leggere per una settimana che la storia va avanti e che esistono persino juventini “buoni”.
E invece, grazie a lei, ricorderemo ancora per anni la differenza tra noi e voi. Quella distanza impercettibile ma siderale tra il piede di Acquah e quello di Mandzukic; tra il gomito di Pasquale Bruno e la mandibola di Pierluigi Casiraghi. Ma anche tra il palo-fuori di Comi e il palo-dentro di Rush in quel bizzarro derby-spareggio del 1988 e tra la leziosità mellifua e borghese di Gianluca Vialli e la “ignoranza” passionale di mister Mihajlovic nel dopopartita.
Caro sig. Higuain, grazie perché se ieri avevo ancora qualche dubbio oggi ne sono certo. Le settimane del derby sono, e lo saranno per sempre, le mie macerate, orgogliose e politicamente scorrette Olimpiadi al contrario.
Cordialmente, Fabrizio Dividi