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Il nome vagamente, ma la voce, quella di Nicola Roggero, la conosco bene. I suoi servizi su Sky Sport si distinguono per sagacia e originalità, uno stile tra Beppe Viola e Gian Paolo Ormezzano per intenderci. Poi l’anno, il 1968, il mio anno di nascita, ma questo non interessa a nessuno. Piuttosto, “Il ‘Sessantotto”, è uno di quei pochi anni nella storia che si sono guadagnati sul campo un’identità propria, cosa rara peraltro, privilegio spesso appannaggio di un giorno. Il
2001 per esempio ricorda l’Odissea di Stanley Kubrick, ma a parlare di “11 settembre” si evoca ben altro.
Ebbene, il titolo è già tutto un programma, e il manifesto pure. Grafica virata seppia-nostalgia, caratteri da “Gazzetta”, e i fotogrammi giusti che ti strizzano l’occhiolino, soprattutto se pensi che lo sport abbia un ruolo importante nella Storia, anche se non lo pratichi per niente. Insomma, le premesse c’erano tutte, e l’aspettativa è stata senz’altro ripagata.
Presentato in anteprima cittadina al Cine Teatro Baretti di Torino, “1968” è un recital in due atti, accompagnato da un tappeto musicale jazzato di Felice Clemente e Roberto Mattei, che dimostra quanto lo sport possa influire nella politica e nella opinione pubblica, soprattutto in situazioni storiche particolari. Un racconto lungo un decennio che tocca corde sepolte, unisce punti noti con linee ormai dimenticate ma sempre di splendida, assoluta modernità.
Riprendono corpo le eroiche spacconate, mai gratuite, di Mohamed Alì; le lotte per i diritti civili di Malcom X e di Martin Luther King affiancati dagli atleti afroamericani, magari tollerati come animali da vittorie olimpiche, ma mal sopportati in patria. E soprattutto si accendono le telecronache di partite epiche, di momenti irripetibili quasi quanto lo sbarco sulla luna. Il grande Ajax sembra di rivederlo in tv, e quando si evocano i 200 metri delle Olimpiadi di Mexico City con Tommie Smith e John Carlos che sul podio alzano al cielo pugni chiusi in guanti neri è difficile resistere alla commozione. E, soprattutto, si assiste a una vera e propria visione immaginata della gara di hockey forse più importante della storia: quello scontro tra Cecoslovacchia e URSS a pochi mesi dal soffocamento della primavera di Praga a suon di carri armati in piazza.
Uno spettacolo da far girare, e perché no, da fissare in un documentario. “1968”, un anno “logo” che politica e storia resero unico e che Roggero ha saputo inquadrare con leggerezza e rispetto ma anche con una notevole carica emotiva e romantica.

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