Da Dio ad Io il passo è breve. il corpo di Cristo sostituito da un oggetto estremamente personale come una 24ore, devia semanticamente sull’identità propria dell’individuo, ribadendo la superiorità del nascondimento sulla rivelazione.
Valigetta-corpo, luce-anima; segno potente nel suo ineffabile e indeterminato contenuto. Forma estrema di sineddoche visiva in cui la parte (il nulla) per il tutto (l’essere in sé e per sé) si manifestano con rara efficacia.
Visione cinematografica usata con moderazione per la sua indeterminatezza ma sempre dirompente e di forte impatto; dallo scrigno misterioso di Luis Bunuel in “Bella di notte” al parallelepipedo nero cui Stanley Kubrick attribuì l’essenza stessa della conoscenza, fino alla scarna stanza dei desideri di Stalker In cui Tarkowskij abbandona lo spettatore in una lunga sequenza che come mai prima ci obbliga a riflettere sul senso morale dei nostri sogni.
Max Zarri evoca gli spazi oscuri della nostra coscienza, ma la sua ironia alleggerisce il peso del non-detto. Tra Elwood Blue e Vincent Vega, la luce che ognuno di noi intravede dalla sua personale valigetta fa pensare piuttosto alle diverse interpretazioni dell’oggetto artistico e del ruolo che l’arte ha nella nostra cultura: obiettivo raggiunto laicizzandone e umanizzandone il centro focale dissolto nella rarefazione estremizzata della luce, del silenzio, della solitudine.