Uno dei migliori film visti alla Berlinale 2016 in cui assistiamo alla rovinosa involuzione morale di uno scrittore che per troppa coerenza perde il contratto con la sua casa editrice e si trova costretto a cercare una nuova occupazione.
Il film ricalca idealmente il francese “La legge del mercato” ma rispetto al bel film di Brizé osa in cinismo e fa toccare al protagonista il culmine della degradazione. Qui la “mors tua” prende corpo nella lotta del protagonista per mantenere il posto di lavoro nello “Yard”, un disumanizzante miglio costituito da migliaia di auto pronte per la distribuzioni alle filiali di vendita. Auto coperte da un bianco sudario moltiplicate all’infinito; gloriosa celebrazione del Dio Consumo, accumulazione del futile, cimitero di Arlington metaforico e allucinato dove oggetti da sogno si confondono con candidi monumenti di morte.
Il regista però non si limita a raccontare la svendita morale di un intellettuale sconfitto dai nostri tempi e trova il tempo per parlare di immigrazione, razzismo, classismo e sfasci familiari. Secco, essenziale, allegorico, il film merita rispetto per cosa e come racconta: un mondo decaduto lasciato in pasto alle jene, per spartirsi quel poco che vi è rimasto.