“The Bacchus lady” è una anziana prostituta che coltiva con affetto i suoi pochi clienti rimasti, finché la sua vita regolare viene deviata dall’incontro di un ragazzino rimasto solo dopo l’arresto della madre. Ed ecco che in poche settimane la donna, interpretata magnificamente da Youn Youn Yuh-Jung, si trova suo malgrado a diventare per tutti coloro che appartengono al suo universo una sorta di angelo, nei ruoli di madre, amica, consorte, infermiera.
I temi del sacrificio e della dedizione sono splendidamente rappresentati in un film che nonostante gli argomenti trattati, non scivola mai nel tipico melo cui il cinema coreano è avvezzo, ma anzi, procede con ritmi dosati, inquadrature staticamente classiche e stile essenziale e asciutto che talvolta fanno pensare ad un certo cinema giapponese classico (vedi il tema ricorrente del “doppio suicidio”) e contemporaneo (il punto di vista del bambino e le famiglie spezzate e ricostruite artificialmente in Kore-eda ad esempio). Altra chiave di lettura è quella della sostituzione (Ferro3?): la donna infatti assume continuamente e con naturalezza ruoli che non sono i suoi, e nella buona e cattiva sorte, questo carico la perseguiterà fino alla fine, con un beffardo e ineluttabile destino.