Se qualcuno chiedesse in un sondaggio se Saviano abbia ragione a chiedere una sorta di commissariamento della ormai famigerata parrocchia romana che negò i funerali a Welby, concedendo invece onori principeschi a un capoclan, otterremmo probabilmente un plebiscito, tutti presi come siamo nell’affermare il buonsenso e coltivare un tranquillizzante pensiero comune. E, in questo senso, bene ha fatto don Luigi Ciotti a dichiarare che certamente lui non si sarebbe comportato allo stesso modo, così come ogni persona di buon senso.
Ma il vero problema è altrove. Il combattivo parroco di San Giovanni Bosco infatti, ha -purtroppo- fondamentalmente ragione quando sostiene di essersi limitato ad applicare letteralmente (è forse già finita la guerra al relativismo?) le regole proprie della Chiesa cattolica; ed è sintomatico di quanto il simpatico papa Francesco non abbia in realtà cambiato (ancora?) nulla di sostanziale nelle dottrine comportamentali elaborate internamente al suo millenario Stato, sia che si parli di omosessualità che di divorzio o quant’altro.
La posizione di chi pronuncia settimanalmente frasi apprezzabili e di medio buon senso, spesso troppo ecumeniche da insospettire, risulta improvvisamente più debole e insignificante di chi lo aveva preceduto, anche se questi pareva più distante, usava meno il telefono, e, ahimè, nessuno lo avrebbe invitato a cena dalla Sora Lella. Insomma, dopo la dissolvenza delle ideologie e l’avvento del partito liquido, è il Vaticano, con le sue palesi contraddizioni, a fare acqua da tutte le parti.